Violazione privacy: tutto ciò che c’è da sapere

2023-02-22 18:19:16 By : Mabino Lin

Tutte le regole in materia di violazione della riservatezza. Quando gli illeciti contro la privacy sono reato e quando invece sono ammessi. Dalle registrazioni ai pedinamenti.

Spesso si richiama a sproposito la violazione della privacy dinanzi a comportamenti invece legittimi. E, al contrario, non tutti sanno che alcune condotte, benché comunemente tollerate – come l’inserimento in una chat di gruppo senza il previo consenso degli interessati – costituiscono illecito. In questa breve guida proveremo a fornire uno schematico elenco di tutto ciò che il codice della Privacy consente e che, dall’altro lato, vieta assolutamente.

Piazzare una telecamera davanti alla porta di casa, anche se si tratta di un giocattolo, è lecito e non richiede né l’autorizzazione dell’assemblea condominiale, né quella delle autorità (polizia, questura, ecc.), né l’apposizione di un cartello di avviso quando si tratta del pianerottolo. Attenzione però: l’angolo di visuale della telecamera non può riprendere le parti comuni dell’edificio come le scale, l’ascensore o l’area dinanzi alla porta di casa dei vicini. Insomma, lo “spioncino digitale” non deve essere un modo per controllare gli altri.

La violazione di tali regole determina una incriminazione penale per il reato di illecite interferenze nella altrui vita privata.

Se invece la telecamera è posta al di là del recinto di una villetta, prospiciente quindi sulla pubblica strada ove passa la gente, è necessario solo il cartello informativo.

Sul luogo di lavoro invece le telecamere sono ammesse solo se c’è prima l’intesa dei sindacati aziendali o, in mancanza di questi, l’autorizzazione dell’Ispettorato del lavoro. In ogni caso, tali sistemi di controllo a distanza possono essere piazzati solo per soddisfare tre tipi di esigenze: produttive e organizzative (si pensi alla telecamera dinanzi alla porta di un negozio per controllare se arrivano clienti), di sicurezza del lavoro (la telecamera dinanzi a una banca o a un ufficio postale per disincentivare l’arrivo di rapinatori) e per la tutela del patrimonio aziendale (le telecamere vicino agli scaffali del supermercato rivolte a controllare eventuali taccheggi). Le telecamere non possono invece essere mai installate per controllare se i dipendenti lavorano, con che intensità e diligenza: non può cioè risolversi in uno strumento di verifica della prestazione lavorativa. Attenzione però: la presenza del sistema di videosorveglianza rispettoso dei limiti appena indicati deve essere comunque comunicata ai dipendenti con apposito avviso affisso in luogo facilmente visibile, seppure non è assolutamente necessaria l’autorizzazione di questi.

I filmati raccolti in violazione delle suddette regole non possono essere utilizzati nei confronti dei lavoratori (ad esempio per giustificare un licenziamento). 

In un solo caso il datore di lavoro può installare una telecamera nascosta senza avvisi e soprattutto senza previ accordi con sindacati o Ispettorato del lavoro: quando vi siano fondati sospetti che un soggetto specifico stia commettendo dei gravi illeciti ai danni dell’azienda. Si pensi al cassiere che intaschi una parte del denaro. Si parla, a riguardo, di controlli difensivi che possono essere attuati solo in presenza di indizi fondati e non, in modo casuale e preventivo nei confronti di tutti o alcune fasce di lavoratori, per contrastare eventuali furti. 

Il coniuge o il convivente che piazzi una telecamera in casa per controllare il partner, senza avvisarlo di ciò, commette il reato di illecite interferenze nella altrui vita privata. 

Registrare una conversazione all’insaputa degli altri non costituisce violazione della privacy. Ma solo a patto che il soggetto registrato non si trovi in casa propria (o nelle adiacenze come il giardino o il garage), nel proprio ufficio privato (non anche nel negozio aperto al pubblico) o all’interno della propria automobile (che è equiparata al domicilio). Inoltre il soggetto registrante deve essere partecipe alla conversazione: può anche stare zitto e non proferire parola, ma la sua presenza fisica deve essere avvertita da colui che viene intercettato. 

Registrare una telefonata senza dire nulla all’altro conversante è legale anche se quest’ultimo parla da casa propria.

La registrazione è consentita anche quando non si limita ai suoni ma anche alle immagini. 

Abbiamo appena detto che registrare una telefonata è lecito, ma non è lecito farla ascoltare a un’altra persona senza avvisare l’altro conversante. Quindi, in questi casi, l’uso del vivavoce per rendere pubblica la confessione altrui è illegittimo e costituisce una violazione della privacy.

Origliare invece attraverso le pareti di un muro o al di là della porta non è illegale. E questo perché chi vuol mantenere riserbo su determinati fatti deve essere il primo a nasconderli e quindi a non parlare ad alta voce.

Spiare il vicino al di là della finestra, per vedere cosa questi fa in casa propria, è legale. Così una persona che si affaccia dal balcone per contemplare al di là del vetro del bagno di un altro appartamento dirimpetto non commette reato. Non lo commetterebbe neanche se lo facesse con un binocolo o un cannocchiale. Il reato di interferenze nella vita privata scatterebbe però solo se usasse mezzi digitali, con uno zoom particolarmente forte: insomma solo quando si utilizzano strumenti che consentono all’occhio di vedere dove la natura non gli consentirebbe, scatta l’illecito penale. 

Neanche tra coniugi è consentito entrare negli account social e di posta elettronica altrui, anche se in passato erano state condivise le password; in quest’ultimo caso servirebbe una autorizzazione per ogni singolo accesso. Diversamente si commette il reato di accesso abusivo a sistema informatico. Né è ammesso spiare il cellulare del coniuge o del partner convivente, sebbene ciò serva per scoprire eventuali tradimenti e portarli dinanzi al giudice come prova in un eventuale giudizio di separazione (ciò vale ovviamente solo per le coppie sposate). 

Secondo la Cassazione, strappare di mano il cellulare al proprio partner per vedere cosa questi abbia nascosto integra il reato di rapina.

Nell’ambito dei rapporti condominiali, tutti questi comportamenti oppressivi, come i pedinamenti, rivolti a creare uno stato d’ansia o di timore nella vittima, oppure comportanti un cambiamento delle sue abitudini di vita integrano il reato di stalking condominiale. Tuttavia, secondo la giurisprudenza, estrarre dalla cassetta delle lettere la corrispondenza altrui per poi riporla dentro, senza però aprila o distruggerla, non è violazione della privacy. Tale comportamento infatti potrebbe infatti essere rivolto a verificare il corretto operato del postino, il quale potrebbe aver immesso la busta nella buca altrui. Ciò che la legge vieta è l’apertura della corrispondenza, la distruzione o la sottrazione. 

Come noto, una mail è equiparata alla normale corrispondenza. E la corrispondenza è segreta e protetta dalla Costituzione. Ciò vale anche per le email che non possono pertanto essere inoltrate a terze persone senza il consenso dei partecipanti. Anche il fatto di inserire in copia nascosta un’altra persona (inserendo cioè il suo indirizzo email in corrispondenza del campo: ccn) non è ammesso dalla legge sulla privacy.

Stesso discorso per le chat: anch’esse sono al pari di una corrispondenza privata. Sicché chi volesse fare uno screenshot e poi diffonderlo commetterebbe reato. Attenzione però: se dallo screenshot non si evince alcun riferimento al soggetto conversante all’insaputa della diffusione, sicché nel corpo del messaggio non vi è alcun dato personale, l’inoltro deve ritenersi lecito. Inoltre lo screenshot può essere usato nei processi per far valere i propri diritti, così come depositato insieme a querele e denunce dinanzi alla polizia, ai carabinieri o alla Procura della Repubblica per la repressione dei reati.

Il numero di telefono è un dato personale e, come tale, non può essere comunicato a terzi senza il consenso del titolare. Anche se spesso si gira ad amici e parenti il contatto di un’altra persona, al fine di contattarla, bisognerebbe sempre prima chiedere il permesso di quest’ultima. Per la stessa ragione è illegale inserire un numero di cellulare in una chat senza prima aver chiesto l’autorizzazione all’interessato.

In linea generale si può pedinare una persona. Tant’è che questa tecnica viene spesso usata dai datori di lavoro per verificare eventuali comportamenti illeciti dei dipendenti (si pensi a un lavoratore che si dia malato quando invece è perfettamente sano e magari, durante i giorni di assenza dal lavoro, va a fare footing o le gite con gli amici.

Tuttavia il pedinamento non può risolversi in uno strumento di oppressione nei confronti della vittima, la quale non deve accorgersene o quantomeno non sentirsi oppressa e in pericolo. Una situazione di questo tipo integrerebbe il reato di molestie in luogo pubblico o, nel caso di comportamento reiterato, quello di stalking.

Rivelare a terzi (ad esempio a parenti, amici o a colleghi di lavoro) la relazione adulterina di un’altra persona, facendo nome e cognome delle parti, costituisce reato di diffamazione. Per quanto infatti il tradimento all’interno del matrimonio sia illecito, esso non può essere oggetto di pettegolezzo. E ciò proprio per via del disvalore sociale che esso implica. Tuttavia non costituisce una violazione della privacy: come detto, secondo la Cassazione, chi ci tiene alla propria riservatezza deve essere il primo a tutelarla, evitando quindi comportamenti che possano rivelare le proprie abitudini. 

Invece, rivelare che una persona è gay non costituisce diffamazione perché l’orientamento sessuale, seppure è un dato personale, non è invece motivo di offesa. Tuttavia, questa condotta implica una violazione della privacy che dà diritto a ottenere il risarcimento.

Lo stesso vale per chi comunica a terzi lo stato di salute altrui, come una malattia non visibile (si pensi a un malato di Aids).

Non si può fotografare una persona che cammina per strada o che è seduta su un mezzo pubblico senza il suo consenso. Lo si può fare solo quando la foto avviene in occasione di una manifestazione o altro evento pubblico e l’immagine altrui non sia il soggetto principale della foto, ma solo il contorno (diversamente non si potrebbe mai fare la foto a un monumento in presenza di turisti). 

Chi fotografa o filma una persona deve prima farsi autorizzare da questa e, in assenza di autorizzazione, deve sfocare l’immagine in modo da renderla irriconoscibile. 

L’eventuale autorizzazione a scattare la foto non implica anche l’autorizzazione a divulgarla a terzi, ad esempio tramite internet. A tal fine c’è sempre bisogno di una seconda autorizzazione che, comunque, se concessa, può sempre essere revocata anche a distanza di molto tempo. 

Chi viola queste regole può essere condannato al risarcimento dei danni.

Attenzione: le foto a minori che non sono state sgranate o senza aver reso irriconoscibili i loro volti costituiscono sempre reato. 

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