Kingdom Hearts: ovvero come omaggiare lo spirito Disney senza snaturarlo

2023-02-22 18:32:56 By : Mr. Zeus Chow

La Walt Disney Company si è da tempo affermata come una delle aziende leader nel campo dell’intrattenimento, al punto da essere una presenza quasi costante nelle produzioni dedicate prettamente al pubblico più giovane. E, come ogni multinazionale che si rispetti, anch’essa non poteva esimersi dal sondare altri terreni. Fu così che, agli inizi degli anni 2000, decise di dare una notevole accelerata allo sviluppo del suo comparto videoludico.

In questo contesto nacque Kingdom Hearts, serie di videogiochi JRPG (Japanese Role Play Game), considerata da Gameinformer come una delle undici serie must play per Play Station 2 e frutto di una collaborazione tra Shinji Hashimoto (produttore di Final Fantasy VII per Square Enix), Hironobu Sakaguchi (creatore della stessa serie) e Disney Interactive Studios, la software house della Casa di Burbank attiva fino al 2016. 

L’obbiettivo del team di Final Fantasy era di realizzare un gioco 3D in stile Super Mario 64, e l’idea era che solo personaggi famosi come quelli Disney potessero rivaleggiare con la mascotte Nintendo. Un incontro casuale tra Hashimoto e un dirigente della Disney in un ascensore, dovuto al fatto che ai tempi le due aziende avevano gli uffici nello stesso edificio in Giappone, ne accelerò l’approvazione. Tetsuya Nomura, anch’egli parte del team di FF, fu il game director designato.

Ma il successo di questa saga dipende solo dalla presenza di uno dei più grandi franchise del mondo dell’intrattenimento, oppure Nomura è riuscito a creare un’opera con una propria anima? In questo articolo, andremo a svelare i segreti nascosti nel cuore di una delle serie videoludiche che hanno appassionato i ragazzi dei primi anni 2000.

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Le prime discussioni su un nuovo progetto videoludico iniziarono quando la Disney inviò una proposta di collaborazione al produttore Hironobu Sakaguchi, che coinvolse anche Nomura. Tra le idee dell’autore, spiccò quella di un RPG su Topolino.

Una delle parti più problematiche nella lavorazione fu rappresentata dall’animazione. Nonostante si parli in ogni caso di disegni animati, lo stile adottato da Square Enix, specializzata nella rese in 3D stilisticamente più affini a quelli di manga e anime, rischiava di non essere in linea, secondo alcuni addetti ai lavori, con quello bidimensionale e più “tradizionale” adottato dalla Disney.

Nomura fece inoltre notare come già tra i molteplici personaggi Disney ci fossero delle differenze stilistiche, trattandosi di figure appartenenti non solo a pellicole diverse, ma a vere e proprie epoche cinematografiche differenti. Tuttavia, il director e character designer giunse alla conclusione che si sarebbe potuta raggiungere un’apparente uniformità stilistica attraverso un sapiente uso delle sfumature dei colori, che rendesse i personaggi ben integrati nella singola ambientazione.

Questo discorso non poté applicarsi a Sora, Pippo e Paperino, che visitano praticamente tutti i Mondi di gioco. Ragion per cui, fu deciso che l’estetica del trio sarebbe stata adattata per (quasi) ogni singola scenografia.

Il team dei game developer era perfettamente conscio della difficoltà di lavorare sui miti dell’infanzia di una cospicua fetta di pubblico, ma si approcciò sin da subito con una grande dose di entusiasmo alla lavorazione. Disney promosse degli incontri tra alcuni dei propri animatori e i dipendenti della Square Enix, per confrontarsi su come caratterizzare al meglio le sue proprietà intellettuali.

Dan Winters, vicepresidente della software house Disney Interactive, si definì molto soddisfatto del risultato ottenuto, poichè i personaggi, nel passaggio dal 2D al 3D, non persero le loro peculiarità estetiche e le loro movenze non furono snaturate.

La produzione del primo capitolo ha gettato le basi per i successivi lavori, ma gli inevitabili passi avanti della tecnologia hanno chiaramente influito sulla grafica, al punto che KHIII vide anche la partecipazione della Pixar.

Secondo alcuni critici, la trama di Kingdom Hearts rappresenterebbe il suo punto debole. Il primo capitolo, da cui ovviamente si diramano le narrazioni successive, presenta sicuramente quella più semplice. 

Sora, Riku e Kairi sono tre giovani amici che vivono sulle Isole del Destino, un mondo sperduto in mezzo all’oceano, dove tutto è sempre tranquillo e pacifico. Fin troppo. Spinti dal desiderio di scoprire cosa si cela oltre i confini del proprio mondo, i ragazzi hanno costruito una zattera con cui solcare i mari e iniziare la loro avventura lontano da casa.

Ma proprio nella notte della loro partenza una violenta tempesta, accompagnata da un’orda di piccole creature simili a delle ombre, distrugge la loro casa, e le loro strade si dividono. Giunto nel mondo-rifugio della Città di Mezzo, Sora incontra Pippo e Paperino, i quali si sorprendono che lui possieda il keyblade. Gli aiutanti del disperso Re Topolino erano infatti alla ricerca della magica arma a forma di chiave, con il potere di aprire e chiudere tutte le serrature, incluse quelle che proteggono i Mondi dell’universo di Kingdom Hearts. Sora, del tutto ignaro del perché l’arma l’abbia scelto, diventa subito consapevole della responsabilità che questo comporta e decide di unirsi alla loro spedizione, che ha lo scopo di trovare Re Topolino, misteriosamente scomparso, fermare l’avanzata degli Heartless, mostri che consumano il cuore delle persone, e ostacolare Malefica e i suoi malvagi alleati prima che possa rapire le “principesse del cuore“, composte da Kairi e da sei Principesse Disney, e da cui dipende l’integrità dell’universo di Kingdom Hearts.

A una prima lettura, la trama sembra ricalcare la classica fiaba Disney: il Bene sconfiggerà il Male grazie agli eroi di turno, che si prodigano per salvare delle principesse. Nonostante i punti comuni, lo stile di narrazione risulta però molto diverso. La storia scritta da Nomura assume spesso i toni cupi classici delle opere d’intrattenimento nipponiche, e lascia volutamente tantissime questioni in sospeso (come cosa sia realmente il “Kingdom Hearts“, una “potente entità” composta da “tutti i cuori del mondo”, e su cui si sono fatte infinite speculazioni per anni), le quali sono state poi risolte in vari prequel e spin-off.

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Il primo personaggio che spicca all’interno del mondo di Kingdom Hearts è il già citato Sora, l’eroe sempre pronto a difendere i propri amici (con o senza il potere del keyblade), nonché migliore amico di Riku e Kairi. Un ragazzo ottimista, talvolta ingenuo, ma che possiede un forte senso della giustizia e un cuore puro. Proprio perché eletto dal keyblade, sarà spesso nel mirino dei principali antagonisti, decisi a strappargli questo titolo o a farlo passare dalla propria parte, per far sì che apra lui stesso la serratura del Kingdom Hearts. 

L’altra protagonista, Kairi, è l’unica ad avere un cuore “totalmente privo di oscurità“, che la eleva al rango di una delle principesse del cuore e al contempo la rende una pedina nei piani di Malefica. Gioiosa e socievole, è tutt’altro che indifesa, sempre pronta ad aiutare i suoi migliori amici se sono in difficoltà. Kairi non è tuttavia molto incline al cambiamento: lei è l’unica del trio che non vorrebbe lasciare l’Isola del Destino. Ma è anche per questo che non ha mai smesso di cercare un modo per riunirsi a Sora e Riku.

Quest’ultimo è il migliore amico di Sora, con cui è spesso in competizione. Calmo e riservato, ha anche un forte spirito avventuroso, come dimostrato dalla noncuranza con cui attraversa il portale oscuro che ha distrutto le Isole del Destino. Questo non dovrebbe stupire, siccome l’idea di lasciare il mondo che i tre chiamavano casa è nata dalla sua curiosità per l’ignoto. Anch’egli viene coinvolto nei progetti di Malefica, che fa leva sul suo lato oscuro e sull’invidia verso Sora, detentore del keyblade. Ciò rende Riku il personaggio del trio meno aderente agli ideali dei protagonisti Disney.

Tra questi spiccano due colonne portanti della compagnia statunitense: Pippo e Paperino, nei panni, rispettivamente, di primo scudiero e mago di corte di Re Topolino. I due non si discostano molto dalla caratterizzazione cinematografica classica (sono spesso protagonisti di svariate situazioni comiche che arricchiscono la narrazione), sebbene in quest’occasione abbiano una maggiore tendenza all’eroismo.

Infine, un altro personaggio fondamentale di Kingdom Hearts è proprio Re Topolino: dopo essersi allontanato dal Castello Disney, si trova in missione per andare a fermare gli Heartless. Questa versione del Topo dalle grandi orecchie risulta intraprendente tanto quanto la sua variante fumettistica, ma col proseguire della storia alimenta la sua aura di mistero, che lo rende quasi un eroe epico, senza che però venga eccessivamente snaturato.

I Cattivi Disney, con l’eccezione di Malefica, sono invece semplici comparse nei disegni di quest’ultima. Per la gioia dei fan della Disney, sono comunque affrontabili durante l’esperienza di gioco. Alzi la mano chi non abbia accarezzato l’idea, una volta conosciuto Kingdom Hearts, di duellare con Capitan Uncino o spegnere l’ira di Ade.

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Nonostante la Disney sia da sempre molto gelosa dei propri personaggi, concesse a Nomura una certa libertà nell’uso del proprio materiale. Tuttavia, sia lui che il suo staff cercarono di essere fedeli alle caratteristiche originarie dei personaggi.  L’autore affermò infatti che, sebbene molti dei personaggi Disney non siano intrinsecamente cupi, hanno comunque un’ottima capacità di adattamento a qualsiasi sceneggiatura.

Tuttavia, i risultati finali non furono esenti da censure. In Kingdom Hearts II, infatti, il personaggio di Axel tenta un attacco kamikaze dandosi fuoco. Nell’occasione, il numero di fiamme che lo circonda fu notevolmente ridotto. Allo stesso tempo, nel combattimento tra Sora e l’Hydra di Hercules, il sangue verde del mostro fu rimpiazzato da una nebbia nera. Degna di menzione è anche la scena nel Mondo di Pirati dei Caraibi in cui Will Turner punta una pistola verso il suolo: originariamente, avrebbe dovuto minacciare di suicidarsi puntandosela alla tempia.

Kingdom Hearts ha sempre provato a reinterpretare le storie dei film Disney, talvolta ricreando appositamente scene iconiche o mantenendo alcuni dialoghi, ma cercando allo stesso tempo di inserire armonicamente Sora e i suoi amici all’interno dell’intreccio.

La possibilità di muoversi in Mondi che appartengono all’universo Disney consente ai giocatori di intravedere scorci o dettagli che, per ovvie ragioni, non possono essere osservati nei lungometraggi originari. Un ottimo esempio viene offerto dal Monte Olimpo. Questo Mondo inizialmente non era altro che una semplice arena dove oltre a Cloud, protagonista della saga di Final Fantasy, si trovano anche Ercole e Filotette.

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Successivamente, in Kingdom Heart II e Kingdom Hearts III, vengono resi esplorabili anche luoghi come l’Oltretomba e Tebe, fino ad arrivare a combattere i Titani elementali nel Regno degli Dei.

Come in ogni gioco, narrazione ed esplorazione sono legate. Alcuni Mondi, tuttavia, danno l’impressione di essere fini a sé stessi, slegati dagli eventi centrali, come il Bosco dei 100 acri. Questi contribuiscono alla visione secondo cui la componente Disney non abbia un peso così rilevante nel grande schema degli eventi, ma sia solo un contorno. Ad ogni modo, questo non significa che tali Mondi siano banali, come dimostra quello de Il fiume senza tempo.

Nonostante appaia solo in Kingdom Hearts II, questo Mondo dedicato ai primi corti degli anni ’20 è entrato subito nel cuore degli appassionati. Il compito del giocatore consiste nell’impedire a Gambadilegno di ostacolare la costruzione del Castello Disney.

Man mano che si prosegue verso l’obiettivo, vengono sbloccati gli accessi alle “Finestre sul passato”, in cui si trovano aree dedicate agli storici corti Topolino costruttore, Topolino nel paese dei nani, I pompieri e La brigata del fuoco, e infine Gli orfani di Topolino. Il teatro dello scontro finale contro Gambadilegno sarà invece lo storico Steamboat Willie.

Uno dei Mondi più complessi è che fa riferimento a una pellicola relativamente più recente è quello di Agrabah. Un vero labirinto in cui tutte le aree sono interconnesse: il Palazzo del sultano, il rifugio di Aladdin, il bazar. Fuori dalla città si trova il deserto, ma grazie all’aiuto del Tappeto volante, si può raggiungere l’altra grande area, ossia la Caverna delle meraviglie. Questo luogo è strutturato su più livelli, ciascuno ricco di trappole e nemici, fino alla Sala del tesoro, dove si trova la lampada del Genio, e in cui si affronta Jafar.

Nel terzo capitolo, con il coinvolgimento della Pixar, i Mondi esplorabili crescono a dismisura: si possono infatti trovare Monstropolis (da Monster & Co.), San Fransokyo (Big Hero 6), il Regno di Corona (Rapunzel), Arendelle (Frozen) e soprattutto la Scatola dei giocattoli (Toy Story).

Tuttavia, uno dei migliori risultati ottenuti dalla Square Enix riguarda un Mondo basato su un’opera assai diversa da quelle citate, ossia la Sinfonia della Stregoneria. Questo Mondo (in KH Dream Drop Distance) ruota attorno al film del 1940 Fantasia, e in particolare all’Apprendista Stregone, che deve riuscire a sfuggire dalle grinfie di Yen Sid.

Usando il keyblade, il personaggio di Sora (o quello di Riku) viene catapultato in uno degli “spartiti maledetti”. Da quel momento, la scenografia si arricchisce di colori sgargianti, arcobaleni, foreste e montagne da percorrere, con l’accompagnamento della colonna sonora originale. In particolare, utilizzando Riku, la sinfonia toccherà un vero e proprio acuto nel momento della boss battle contro il demone Chernabog.

Al di là del caso specifico della Sinfonia della Stregoneria, le musiche giocano un ruolo di primo piano in Kingdom Hearts. Se nei Mondi Disney i leitmotiv sono tratti dalle colonne sonore dei rispettivi film, l’OST è invece opera di Yoko Shimomura e Karou Wada i quali hanno prediletto suoni che accrescessero la suspense durante lo sviluppo della trama e trasmettessero tensione prima delle battaglie. Gli stessi titoli della colonna colonna sonora sono indicativi: tra di essi, infatti, ne spiccano alcuni come L’oscurità dell’ignoto o L’impeto oscuro.

Anche i brani che esprimono gioia e armonia, più in linea con i canoni Disney, risultano molto più ritmici rispetto a quelli con cui gli spettatori sono cresciuti. Basta ascoltare canzoni quali Simple and Clean, Sanctuary o Face My Fears (in collaborazione con il DJ americano Skrillex), le opening dei tre capitoli principali, cantate da Utada Hikaru.

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Tuttavia, c’è un’eccezione. Rasserenante, emozionante, e con una nota di nostalgia, Dearly Beloved introduce in ogni capitolo l’inizio dell’avventura dei protagonisti nel macrocosmo disneyano.

Sebbene Kingdom Hearts e Kingdom Hearts II siano stati doppiati anche in francese, spagnolo e tedesco, le altre release sono disponibili solo in giapponese e inglese. Nella prima opera il doppiaggio è affidato a Miyu Irino (Beyblade, Naruto) per Sora, a Risa Uchida per Kairi e a Mamoru Miyano (famoso già per Full Metal Alchemist, Soul Eater, Death Note e HunterxHunter) per Riku.

Dal lato dei personaggi Disney, sono presenti Koichy Yamadera (doppiatore di Will Smith, Jim Carrey ed Eddie Murphy, nonché voce dell’ispettore Zenigata di Lupin) come Paperino, Yu Shimaka per Pippo e Takashi Aoyagi per Re Topolino.

Nella versione inglese sono presenti non solo i doppiatori ufficiali di Topolino (Bret Iwan), Paperino (Tony Anselmo) e Pippo (Bill Farmer), ma anche a dei nomi pescati a piene mani da Hollywood, quali Haley Joel Osment (I Griffin, American Dad, Il gobbo di Notre Dame II), che interpreta Sora, David Gallagher nei panni di Riku e Hayden Panettiere, voce di Kairi. 

Altri nomi altisonanti sono Mark Hamill (Master Eraqus), Leonard Nimoy (Master Xehanort), Christopher Lee (Ansem il Saggio), James Woods (Ade) e Dan Castellaneta (il Genio).  

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Kingdom Hearts ha permesso a Square Enix di vendere più di 19 milioni di copie tra tutti i capitoli, guadagnando elogi dalle principali testate che si occupano di videogiochi.

Per quanto riguarda i premi, Square Enix è riuscita a portare a casa molti riconoscimenti basati sulle animazioni e le musiche, altro dato che prova la qualità del lavoro svolto a livello tecnico dalla software house giapponese. Degno di nota, in particolare, è il Gaming Award assegnato da SXSW a Kingdom Hearts III per le animazioni.

The #SXSW Gaming Award for Excellence in Animation goes to gorgeous action RPG @KINGDOMHEARTS III! pic.twitter.com/KeRi7nOzd6

A livello generale, tuttavia, Kingdom Hearts II è sicuramente il titolo più apprezzato della serie: per IGN è il ventunesimo miglior videogioco di sempre per PS2 e, sempre per Gameinformer, è il venticinquesimo RPG migliore di sempre.

Il successo delle opere principali ha consentito di ampliare l’universo di Kingdom Hearts: il franchise creato da Square Enix comprende, oltre a CD delle colonne sonore, magliette e gadget a tema keyblade, anche un gioco di carte collezionabili uscito in concomitanza con l’uscita per Nintendo DS di Kingdom Hearts: Chain of Memories, e due adattamenti cartacei, non canonici, costituiti da un manga e una graphic novel.

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A un primo sguardo l’eccessiva fedeltà alle fonti, che si esprime in un’eccessiva attenzione ai personaggi Disney a scapito degli altri, sembra essere troppo riduttiva rispetto alle potenzialità della trama. Una trama frammentata su dodici capitoli e più di quattro console diverse, e che potrebbe far perdere la curiosità a eventuali nuovi interessati, che magari, incuriositi dal trailer dell’ultimo capitolo (come accennato, Kingdom Hearts IV è stato annunciato il 10 Aprile in occasione del ventesimo anniversario della saga), si trovano costretti a dover recuperare una storia labirintica e dalla difficile fruizione.

Tuttavia, il lavoro fatto da Square Enix presentauna grossa cura per il dettaglio, con il costante intento di ricercare soluzioni originali sotto tutti i fronti, e cercando, in maniera altalenante, di non fare troppo affidamento sulla fama della Disney.

Tutto ciò non fa che spaccare il mondo videoludico tra chi lo vede come un capolavoro incompreso, e chi lo reputa un prodotto sopravvalutato che basa la sua fama sulle concessioni fatte da uno dei brand più famosi al mondo. Ciò non toglie, tuttavia, che sia riuscito ad allietare i pomeriggi di tantissimi ragazzini, che hanno visto realizzarsi il sogno di interagire con i mondi dei propri beniamini.

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Immagini © Square Enix, Disney Interactive

Fonti: Gameinformer, Neo Gamer – The Video Game Archive, IGN, HMK

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