Dubai, truffa da 300 milioni in stile Ponzi: in manette il trevigiano Christian Visentin e l'avvocato Emanuele Giullini | Corriere.it

2023-02-22 18:50:55 By : Mr. flyingtiger king

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Arrestati nell'Emirato i due soci della società Nft: entrambi vivevano da tempo sotto falsa identità

Operavano da Silea sul mercato globale delle criptovalute. Ai clienti, che potevano entrare nel meccanismo di investimento - versando una quota che partiva dai 10 mila euro - promettevano guadagni del 10% ma a giugno del 2022 la società ha smesso di versare quanto dovuto per contratto. Agli investitori (circa 6 mila quelle accertate, ma secondo gli inquirenti sarebbero molte di più) che hanno cominciato a capire di aver messo il proprio denaro in una scatola vuota, è stato detto che la New Financial Technology aveva problemi di cassa che si sarebbero risolti entro breve. 

I soci fondatori, il trevigiano Christian Visentin, l'avvocato Emanuele Giullini, originario del salentino e iscritto all'albo di Roma, e Mauro Rizzato, un altro residente nella Marca, sono spariti con un bottino che sarebbe di poco inferiore ai 300 milioni di euro. Visentin era riapparso, qualche settimana dopo, con messaggi rassicuranti lanciati da Dubai e diffusi attraverso i social: «Tutto si risolverà entro poco tempo». Salvo poi, nel tentativo di scaricare sugli altri la responsabilità di quel buco colossale, rimpallarsi accuse. Giovedì scorso le autorità dell'emirato arabo di Dubai hanno arrestato Visentin e Giullini. L'accusa, secondo il codice penale dell'Emirato, sarebbe quella di «reati contro la fiducia» e «tradimento». Tradotto in termini giuridici italiani l'imputazione sarebbe quella di truffa aggravata. Nel pomeriggio di lunedì si è svolta, a porte chiuse, la convalida dell'arresto che, in quel Paese, vale anche come udienza preliminare. Il giudice ha quindi la facoltà di rinviare a giudizio i due indagati, che in caso di condanna a processo rischierebbero fino a 10 anni di carcere.

Visentin e Giullini (Rizzato, anche lui irreperibile, sarebbe scappato in Svizzera) vivevano da tempo sotto falsa identità e alloggiavano in appartamenti che in nessun modo potevano essere riconducibili a loro. Sarebbero stati individuati da un'agenzia di investigazione privata, ingaggiata dalla studio legale dell'avvocato Paolo Patelmo di Belluno (che rappresenta circa mezzo migliaio di clienti rimasti con un palmo di naso), la stessa che avrebbe svelato anche come esponenti della criminalità organizzata sarebbero riusciti, sul finire dell'anno scorso, a farsi «restituire» in maniera poco ortodossa milioni di euro impiegati come investimento. L'operazione che ha portato in manette Visentin e Giullini non è collegata all'inchiesta italiana, incardinata presso la Procura di Treviso, che aveva fatto finire i vertici della Nft sotto la lente d'ingrandimento della guardia di finanza per gli investimenti-truffa. Il reato in realtà è lo stesso ma l'attività della polizia di Dubai è successiva e conseguente a una denuncia, presentata sempre dall'avvocato Patelmo, in rappresentanza di oltre 400 clienti provenienti dall'Italia, dalla Spagna, dall'Inghilterra, dalla Svizzera, dalla Svezia, dalla Germania e appunto cittadini dell'emirato, che risale a metà gennaio. 

Avvalendosi dei riscontri che erano emersi dalle investigazioni private le autorità di Dubai hanno fatto alcune verifiche e poi sono entrate in azione. Quanto all'indagine trevigiana i pubblici ministeri Giulio Caprarola e Michele Permunian, titolari dell'inchiesta, qualora volessero anche loro mandare a processo i due arrestati, dovrebbero aspettare almeno i sei mesi necessari perché il giudizio a Dubai arrivi a compimento. Tra l'Italia e l'Emirato infatti non esistono trattati di collaborazione giudiziaria e di estradizione e bisognerebbe affidarsi a una lunga e tortuosa rogatoria internazionale. 

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L'ultimo capitolo di questa vicenda riguarda i soldi spariti. Secondo qualcuno la Nft avrebbe perduto oltre il 70% in una serie di operazioni finanziarie finalizzate proprio a ristorare i clienti beffati. Altre voci dicono invece che quei 300 milioni di euro si troverebbero al sicuro, nella cassetta di sicurezza di una banca privata, forse in Svizzera. Una cosa è certa: se vogliono ottenere la libertà dietro cauzione Visentin e Giullini devono dare le coordinate del «tesoro» a otto zeri. 

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