Laura Alessandrelli: «Dirigo un giornale che esce (a volte) con 4.600 pagine»- Corriere.it

2023-02-22 18:12:25 By : Ms. Christina Zheng

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Un’ex Gip è responsabile della Gazzetta Ufficiale, che esce ininterrottamente dal 1° gennaio 1861 e che il 27 dicembre 1947 pubblicò, in edizione straordinaria, «la nostra magnifica Costituzione»

Laura Alessandrelli, magistrato alla guida della Gazzetta Ufficiale

I signori editori sono pregati di astenersi dalla lettura della presente intervista: potrebbero farsi venire strane idee. Qui, infatti, si parla di un quotidiano che da più di 10 anni è privo del direttore. Che non arriva nelle edicole. Che viene tirato in appena 200 copie. Che costa solo 1 euro. Che all’occorrenza si pubblica 14 volte a settimana. Che esce ininterrottamente dal 1° gennaio 1861, eppure nella testata reca l’indicazione «Anno 162°». Che può avere appena quattro pagine, ma in certe occasioni è arrivato a contarne addirittura 4.600, cioè 2.912 in più rispetto alla prima edizione della Bibbia di Gerusalemme uscita nel 1956.

Laura Alessandrelli è dal 24 maggio il gerente responsabile della Gazzetta Ufficiale . Il suo titolo è quello di redattore. Ha un braccio destro, Delia Chiara, «vera colonna del giornale», che la assiste nel corso del nostro colloquio, essendo l’unica che sta qui dal 1999: fu promossa vice redattore nel 2008, quando il quotidiano della Repubblica italiana aveva ancora uno degli ultimi direttori, Augusta Iannini, la moglie di Bruno Vespa.

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Alessandrelli va fiera della nomina alla guida del foglio che il 27 dicembre 1947 pubblicò, in edizione straordinaria, «la nostra magnifica Costituzione». Si definisce «di formazione francescana», avendo frequentato scuola materna, elementari e medie dalle suore seguaci del santo di Assisi. Avrebbe voluto laurearsi in fisica, «ma sin dai primi esami mi accorsi dell’errore: più delle leggi che regolano l’universo m’interessavano quelle che governano l’uomo». È uscita a 24 anni dalla Sapienza con una laurea in giurisprudenza. È stata per 6 anni magistrato di frontiera in Sicilia e per altri 12 giudice di sorveglianza a Roma, prima di diventare gip nella stessa città. Dal 2018 è fuori ruolo al ministero della Giustizia, al numero 70 di via Arenula. È lì che ha sede, al piano terra, la redazione della Gazzetta Ufficiale , dieci persone in tutto.

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Le spiace di non indossare più la toga? «Ogni minuto».

Chi gliel’ha fatto fare di togliersela? «L’ho considerato un passaggio indispensabile nella vita di un magistrato. La giustizia non è solo giurisdizione. Il mio periodo in trincea l’ho avuto. A Gela mi occupavo di criminalità organizzata».

Mafia? «Sì, mafia. In seguito, da giudice per le indagini preliminari, anche di criminalità ordinaria: reati ambientali, associazione per delinquere in un distaccamento della polizia stradale e violenze sessuali, molte consumate in famiglia, ahimè».

Riceveva minacce di morte? «Non tali da finire sotto scorta. C’era la pattuglia che vigilava sulla mia casa».

Prima che la «Gazzetta Ufficiale» venisse fondata, chi divulgava le leggi? «L’antenato più antico fu Successi del Mondo . Uscì a Torino dal 1645 al 1665, per iniziativa del governo sabaudo. Oltre alle notizie, pubblicava, con valore ufficioso, i riassunti o i testi delle leggi. Vittorio Emanuele III, con regio decreto del 7 giugno 1923, stabilì che la Gazzetta Ufficiale del Regno venisse curata dal ministero della Giustizia e degli Affari di culto. Nel 1946 assunse il nome di Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana ».

Quali competenze ha il direttore? «Deve compiere con i suoi collaboratori valutazioni tecnico-giuridiche circa la pubblicabilità o meno di atti che enti pubblici e privati ci propongono di far apparire nella Gazzetta . L’articolo 73 della Costituzione stabilisce che le leggi entrino in vigore il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione, salvo che non fissino un termine diverso».

I privati che richieste presentano? «Convocazioni di assemblee, dichiarazioni di morte presunta, ammortamenti di assegni, deposito dei bilanci di società poste in liquidazione. Trasmettiamo tutti gli atti normativi al ministro della Giustizia, detto Guardasigilli proprio perché li vista con il Gran sigillo dello Stato».

Che cos’è il Gran sigillo dello Stato? «Un retaggio degli ordinamenti monarchici. È un timbro a secco che si appone sulla ceralacca con un grosso torchio. Dopodiché gli atti vengono rinchiusi in una cassaforte ignifuga».

Chi è stato l’ultimo direttore? «Italo Ormanni».

Il magistrato che arrestò Raffaele Cutolo e fece estradare il terrorista Cesare Battisti, latitante in Brasile. «È rimasto in carica dal 2008 al 2010. Il cosiddetto decreto Taglia leggi ha abrogato la figura del direttore. Ma il redattore è il gerente responsabile fin dal 1923».

Con quante pagine uscite? «Anche 4.600, com’è accaduto per un supplemento del 2020 in sei volumi».

Ma chi diavolo li avrà letti? «In molti, penso. Erano gli studi di settore che il fisco utilizza per accertare i redditi di liberi professionisti, lavoratori autonomi e imprese».

A che servono i quattro rettangoli grigi zigrinati, simili a codici QR, che si vedono in basso a destra in ogni pagina? «Sono timbri digitali. Si chiamano glifi. Letti con apposito software, permettono di verificare se il documento è contraffatto, in quali punti è stato modificato, chi lo ha prodotto».

Perché non mettete i nomi dei ministri e dei direttori generali in calce alle leggi, solo i cognomi? Non possono ingenerarsi casi di omonimia, in tal modo? «Ripetizione inutile. La composizione del governo, con indicazione dei nominativi completi e delle cariche, viene pubblicata in Gazzetta Ufficiale . Da quel momento si dà per divulgata la notizia».

Chi scova eventuali errori o refusi? «La lettura delle bozze compete all’Istituto Poligrafico dello Stato, stampatore della Gazzetta . Lo stabilimento tipografico è sulla via Salaria. Un tempo lo chiamavano il Verdone, dal colore dell’intonaco. Poi ha cambiato sede».

Vi è mai capitato di dover mandare al macero la tiratura per uno sbaglio? «Chiediamolo al vice redattore». («Da quando lavoro qui, cioè da 22 anni, non è mai capitato», risponde Delia Chiara ).

Cesare Maffi nel 2013 scrisse su «Italia Oggi»: «A giudicare dagli errata corrige e dalle rettifiche che appaiono sulla “Gazzetta Ufficiale”, spesso non si legge nemmeno quel che si dà alle stampe». «Gli errata corrige riguardano refusi che dipendono da noi. Le rettifiche no».

Nel 2016 il codice degli appalti conteneva ben 181 errori. Gian Antonio Stella vi stroncò sul «Corriere della Sera». «Gli avvisi di rettifica sono tipici degli atti normativi. Succede che i ministeri c’inviino testi che poi vengono modificati, cosicché ce li rimandano corretti affinché siano ripubblicati».

Chi è il lettore più appassionato? «Delia Chiara mi assicura che è Luigi Loschiavo, un avvocato. Aggiornava la banca dati giuridica della De Agostini editore. Oggi lavora alla Wolters Kluwer, una società olandese di servizi d’informazione per il mercato legale, fiscale e finanziario. Appena becca un errore, ci scrive o ci telefona per segnalarlo».

Che orari fate in «Gazzetta Ufficiale»? «Cominciamo alle 7.30 e spesso finiamo oltre la mezzanotte, turnandoci. Nel pieno dell’emergenza Covid si lavorava anche da casa, a tutte le ore, per assicurare la pronta pubblicazione dei Dpcm».

Il Poligrafico è sempre a disposizione? «Sempre, giorno e notte».

Il tutto per tirare appena 200 copie. «Quelle che il camminatore recapita fresche di stampa alla presidenza della Repubblica, alla Corte costituzionale, al Parlamento, al ministero della Giustizia. Due copie vengono archiviate nelle Biblioteche nazionali centrali di Roma e Firenze. Le altre vanno ai concessionari autorizzati alla vendita e agli abbonati».

L’abbonamento costa caro? «Novecentosei euro l’anno».

Un patrimonio. «Con lo sconto, 819».

Sempre tanti. «Parliamo di sei serie diverse, in edizione cartacea, recapitate per posta. Ma la Gazzetta Ufficiale è scaricabile gratis in formato Pdf dal nostro sito».

Chi sono gli abbonati? Maniaci? «Professionisti. E molti giovani per la serie che pubblica i concorsi pubblici».

Chi ha stabilito le regole lessicali? Siete gli unici a scrivere «Ministero della salute» con la «s» minuscola. «L’editing è una libera scelta della redazione. Per il resto ci limitiamo a titolare e rubricare i contenuti, d’accordo con gli enti che ce li trasmettono».

La materia prima non vi mancherà mai. Nel 2010, Roberto Calderoli, all’epoca ministro della Semplificazione, organizzò uno scenografico falò, bruciando oltre 375.000 leggi e regolamenti abrogati dal proprio dicastero. «Le norme stanno calando. Dalle circa 600 che pubblicavamo in passato, l’anno scorso siamo scesi a 195».

Più moltiplicherete le leggi, più le renderete detestabili», si dice che ammonisse Jean-Jacques Rousseau. «La produzione legislativa è utile quando non complica la vita ai cittadini. È apprezzabile tutto ciò che serve a semplificare. L’eccesso è sempre dannoso».

Negli altri Paesi esistono i corrispettivi della «Gazzetta Ufficiale»? «Nell’Unione europea di sicuro. Dal Boletín Oficial del Estado in Spagna alla Bundesgesetzblatt della Repubblica federale di Germania».

Secondo un sondaggio condotto da Emg-Different per Adnkronos, solo il 39 per cento degli italiani ha fiducia nella giustizia. Perché, secondo lei? «Rispondo come cittadina. L’indice di gradimento per la magistratura spesso dipende da ciò che scrivono i giornali. Siamo passati dal massimo consenso negli anni di Mani pulite alle desolanti vicende delle scorse settimane. Purtroppo la giustizia la amministrano gli uomini. È del tutto illusorio pensare che sia immune dalle patologie e dalle distorsioni che accompagnano la nostra indole».

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